La nascita del volgare italiano (ovvero quel bambino scostumato che dice le parolacce in chiesa)

Avete presente i bambini piccoli, quando iniziano a pronunciare le prime paroline? Ecco, hanno il vizio di dirle sempre quando tu sei l’unico testimone nel raggio di 100 chilometri. E hai voglia a convincere il resto del parentado: «No, ma ti giuro, ripete tutto quello che dico, anche prima ha detto “mamma”». Inutile, tutti ti guardano come una povera illusa in preda alle traveggole. E mentre tu pervicacemente stai lì, a svilirti a forza di faccine e vocette, il marmocchio ti guarda come a dire: «Ahahaha, povera idiota, non sentirai mai più una sola sillaba uscire dalla mia bocca». Poi arriva il giorno del pranzo domenicale, che vede riunita al desco tutta la sacra famiglia fino ai parenti di quarto grado. Ed è lì, nel luogo e nel momento meno opportuno, quando tutti possono udire, compresa la bisnonna novantottenne, che dalla bocca del piccino proromperà distintamente una parola: «Caz-zo».

Ecco, nel Medioevo, la lingua italiana appena nata si comporta esattamente così. Tu cerchi le sue prime manifestazioni sui manoscritti antichi, confidando in espressioni delicate e poetiche: “Amore”, “Mare”, “Infinito”. E invece non trovi un bel niente. Al massimo il vaneggio di un fraticello annoiato che ha scarabocchiato ai margini di un libro di preghiere un bislacco indovinello*, oppure le poche parole di un contadino, messe agli atti durante un processo per usucapione**. Per il resto, nisba, niente di pervenuto. Eppure gli abitanti dello Stivale, nei primi secoli del Medioevo, senza dubbio parlavano un volgare che potremo definire un “Baby Italiano”. Solo che, come bambini dispettosi, lo parlavano soltanto dove noi moderni non li possiamo sentire: nel privato delle loro case o tra le vie del mercato, ma quasi mai in forma scritta.

Ho tenuto a precisare “quasi mai” perchè il Baby Italiano, come tutti i bambini in carne ed ossa, sa essere un adorabile birbantello. E dove potrebbe aver deciso di pronunciare alcune delle sue prime parole? Ve lo dico io, in una Chiesa. E quali solenni e appropriati vocaboli  potrebbe aver detto in un luogo così sacro?

Santa Maria prega per noi”? Mmm, no.

Ascoltaci, o Signore”? Nemmeno.

Tirate, figli di puttana!!!”? Ecco, sì. Queste sono state le sue prime parole. Delicatissime.

Ma accomodatevi, ché vi faccio un riassuntino.

Siamo più o meno attorno al 1090 quando, in una cappella sotterranea della chiesa di San Clemente a Roma, un pittore sta raffigurando le storie di un santo, San Clemente appunto; e per far capire bene la vicenda pure ai più capoccioni, lartista pensa bene di accompagnare le immagini con delle didascalie, proprio come in un moderno fumetto e così racconta:

C’era una volta, ai tempi d’oro dell’Impero Romano (quando i Cristiani venivano perseguitati e bastava un’Ave Maria di troppo perché finissero tra le fauci dei leoni), un uomo cattivo cattivo, di nome Sisinnio, che era pure il Prefetto della città. Sisinnio era sposato con una donna, Teodora, che però, negli ultimi tempi, aveva un atteggiamento strano: rientrava a casa in orari particolari, era diventata un po’ allergica al sesso e pare pure che avesse cambiato taglio di capelli. «Sta a vedere che c’ha un altro», pensò Sisinnio. Chiamò dunque a raccolta i suoi scagnozzi Albertello, Gosmario e Carboncello (che noi per comodità chiameremo Aldo, Giovanni e Giacomo) e, senza niente da invidiare agli stalker dei tempi nostri, si mise a seguirla.
Fu così che, con gran sorpresa, la trovò non tra le braccia di un amante, ma bensì devotamente raccolta in preghiera, durante una celebrazione cristiana segreta; officiante della cerimonia era niente popò di meno che lui, il Papa in persona, Clemente I. Sisinnio, tra l’avere una moglie fedifraga e l’avere una moglie cristiana, non sapeva cosa fosse peggio. Adiratissimo, ordinò ad Aldo, Giovanni e Giacomo di catturare Clemente, ma il Sant’uomo, con i suoi super poteri, li rese tutti ciechi. I tre poveretti, andando a tentoni, provarono dunque ad afferrare il Santo, ma si ritrovarono a legare e trascinar via nient’altro che una pesantissima colonna.

E quali battute si saranno scambiati i nostri eroi durante questo titanico sforzo? Ci sono due versioni. Una è del pittore che realizzò gli affreschi, l’altra è la mia. Vi dico prima la mia, che è la seguente:

L’artista invece immagina una scena diversa, di cui mette i dialoghi nero su bianco, sulle pareti della cappella:

«Fili de le pute, traite! Falite dereto co lo palo, Carvoncelle! (Figli di puttana, tirate! Spingi da dietro con il palo, Carboncello!)» fa strillare, in un primitivo italiano, a Sisinnio, mentre cerca di dare delle direttive ad Aldo, Giovanni e Giacomo.

Nel frattempo, San Clemente, in una posizione più defilata e con una certa spocchia, li ammonisce in latino, la lingua dei colti: «Duritiam cordis vestri, saxa traere meruistis» cioè “A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi”.

Che poi, pure tu, San Clemente mio, evita di fare tanto il Sapientino, perché anche il tuo latino mi pare un po’ arrugginito. Se ti sentisse Cicerone storcerebbe non poco il naso di fronte di fronte a quel “duritiam”, in accusativo (in luogo del corretto “duritia”, in ablativo) o a quel “traere” che sarebbe in realtà dovuto essere “trahere”, con la h. Ma non preoccuparti, noi moderni siamo magnanimi e ti perdoniamo. Prima di tutto perché, abituati come siamo a Ministri della Repubblica che sbagliano 10 congiuntivi di fila, figurati se possiamo fare il processo a un Papa per l’omissione di una “h”… E poi anche perché sappiamo che, nel XI secolo, la lingua dei Cesari si era un po’ imbastardita e pure a voi uomini di Chiesa toccava parlare un latinorum donabbondiesco e un po’ raffazzonato.

Ma direte voi: visto che il latino iniziava a invecchiare e perder colpi, quand’è che questo Baby Italiano cresce e inizia finalmente a esprimersi fluentemente? Bè, perché questo accada bisogna aspettare il 1200 e, in particolare, il contributo di quel figone di Federico II di Svevia (che dite, sono un tantino fissata? Forse non è normale che tutti i miei articoli finiscano sempre per parlar di lui…) che, con la Scuola Siciliana, darà vita a un movimento culturale inedito, in grado di produrre le prime composizioni letterarie in volgare.

 

Cari amici, con questo piccolo contributo alla causa dei secoli bui (ma non troppo), io vi saluto. In questa folle estate di studio (a proposito, finirò mai di studiare?) ho avuto davvero poco tempo per il blog e questo pensiero mi attanaglia e mi ossessiona costantemente: devo finire di raccontarvi la storia di Abelardo ed Eloisa, e poi farvi una classifica dei migliori romanzi storici di ambientazione medievale, e poi ancora parlarvi dell’eresia catara e dei personaggi con i nomi più assurdi… ad esempio, lo sapevate che Paperone de Paperoni è stato anche un importante vescovo del Duecento? E no che non lo sapevate, se non ve lo racconto io come facevate a sapevarlo? Comunque, verso settembre spero di essere un pochino più libera e di potermi dedicare di più alle nostre amate cazzatine medievali. Nel frattempo bacini, baciotti, bacetti e a presto ♥

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* Si tratta del cosiddetto “Indovinello Veronese”, una breve filastrocca annotata, all’inizio del IX secolo, su un manoscritto conservato a Verona. Il testo recita:Se pareba boves, alba pratàlia aràbaet albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba”, cioè Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati, e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava.” La soluzione? Non ve la do, vi lascio a scervellarvi.
** Il cosiddetto “Placito Capuano”, risalente circa al 960. Si tratta di un atto processuale che contiene le testimonianze, espresse in lingua volgare, di alcuni contadini:Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti, ossia So che quelle terre, con quei confini che qua sono indicati, le possedette per trent’anni la parte di San Benedetto
 
 

8 comments

  1. Non ho parole!
    Ho raggiunto questo sito per puro caso, vagando in rete alla ricerca di “medievalità”, e posso solamente accodarmi a tutte le persone che già, giustamente, si sono complimentate per l’ottimo lavoro che porti avanti.
    Spero tu possa trovare il tempo per proseguire con l’opera di istruzione che stai portando avanti, ché gli argomenti di certo non mancano, così come non mancano arguzia e simpatia nei tuoi articoli.
    Grazie!!!

    • Grazie mille per i complimenti ❤️ Sì, spero tanto di riuscire a continuare a scrivere, magari anche un po’più a pieno ritmo! Di sicuro, come dici anche tu, il repertorio che ci offre la storia non manca di offrire spunti 😋

  2. n’somma…. un’ora e quarante di esame per prendere 26…..
    per i best seller dell’antichità attendo con ansia una recensione su “le carte segrete” di procopio di cesarea… ovvero come anticipare novella 2000 nel tardo antico ed essere al contempo il più infame della storia ( inzia dicendo che ora che tutti quelli di cui parlerà sò morti, lui, dopo avecce campato una vita, potrà finalmente sputtanarli a fondo, spremendoci pure un altro par de spiccioli)

  3. facile, facile, facileeeeeeeeeeee!
    la so, la so, la sooooooooooooooooooooooooooo!
    il foglio bianco è la pergamena, l’aratro è la penna e il seme nero è l’inchiostro!
    ammazza quanto sò bravo!
    no… vabbhè ho barato…. me lo ricordo dall’esame con la beer (una prof… non una birra)…. sto archeorebus stava ad incipit del famigerato “sansoni”.
    che poi st’estate io e la mia lei eravamo a tuscania, dove nella chiesa di S. pietro fa bella mostra di se un’epigrafe in latinorum che semina HIC sen’H sancti senza c e via dicendo. Commentando ci esce… vabbhè ma pensa al committente che ha pagato la lapide, gli è costata un sacco (di roma) e si accorge che lo scalpellino ha fatto più errori di ortografia di Bondi. Alle giuste rimostranze del cliente quello gli fa “vabbhè dottò… a rifaccio… pijamo n’altro sercio de marmo?” e san pagatore risponde “ma che sei scemo? costa no svario!!! lascia così…. che me frega! tanto ner medio evo sò tutti n’alfabeti!” appena finito di commentare, una tizia che stava dietro di noi esclama; “ahò… ma se ve piacciono ste robe lo sapete che su internet c’è na tizia che fa tutti articoli buffi su ste cose strane?” ORMAI SEI FAMOSA! te lo meriti….

    • Ahaha l’Indovinello veronese ha perseguitato generazioni di studenti! Però l’avrei voluta anche io la professoressa Beer, se nomen omen funziona, deve essere stata una donnina spassosa!
      Più che altro, sono sconvolta che le mie cazzatine medievaleggianti siano arrivate così lontano! Però gran parte del merito è anche di voi seguaci della prima ora che mi fate un sacco di pubblicità! <3

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