Onoria, la principessa che non voleva restare zitella (e si propose in moglie ad Attila Flagello di Dio)

Onoria, Onoria… in famiglia ce l’abbiamo tutti la pecora nera. La sorella o la cugina che non capiamo se sia scema o coraggiosaridicola o commovente, che prende sempre scelte al limite della follia e si caccia in casini stratosferici.

Nel caso della famiglia imperiale del V secolo la fanciulla in questione era Onoria, un tipetto particolare che non sono ancora riuscita a inquadrare, ma che so per certo mi sarebbe piaciuto avere come compagna di sbronze, giù di birra Ichnusa a raccontarci le sventure sentimentali.

Piccolo riassuntino palloso per chiarirvi il quadro della situazione. Questa storia inizia a Ravenna attorno al 420, ma per capirla bene dobbiamo tornare indietro di qualche decennio. L’imperatore Teodosio il Grande ve lo ricordate? Dai, quello che nel 380, con l’Editto di Tessalonica, impone il Cristianesimo come religione di stato in tutto l’impero. Ecco, Teodosio aveva due figli, Onorio e Arcadio, a cui lascia in eredità il regno, diviso in due: ad Onorio l’Occidente, con capitale Ravenna, ad Arcadio l’Oriente con capitale Costantinopoli. Alla morte di Onorio, nel 423, il governo dell’Ovest passa in mano al nipote Valentiniano III; alla morte di Arcadio nel 408, il governo dell’Est passa al figlio Teodosio II. Riassunto finito, torniamo a noi.

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Medaglione con ritratto della famiglia imperiale

L’allegra famigliola di cui parliamo oggi era composta dall’imperatore Valentiniano III, da sua sorella Onoria e dalla loro madre, la nobilissima Galla Placidia; tutti e tre vivevano in un bellissimo palazzo alla corte di Ravenna. Valentiniano III però, come ogni imperatore tardoantico che si rispetti, era un tipo un po’ ansiosetto, per non dire che era proprio un corredo ambulante di manie di persecuzioneossessionato dai complotti e dal timore di essere spodestato. L’idea che sua sorella potesse sposarsi e dare alla luce degli eredi, capaci un giorno di soffiargli il trono da sotto il sedere, non gli andava proprio giù. Decise dunque di destinare la poveretta ad uno stato di nubilato eterno e ad una vita quasi monacale.

Purtroppo per lui, Onoria aveva visto un sacco di telenovele sudamericane e quest’idea della castità non le andava proprio a genio, lei sognava il grande amore. Magari all’inizio tentò anche di rassegnarsi al suo destino di gattara forever alone, ma poi, come da copione si innamorò. E non si rivelò neanche una dal palato troppo fine, visto che si accontentò di concedere le sue grazie, se non proprio ad uno stalliere, a qualcuno che nella piramide sociale di corte stava solo qualche gradino più in alto: il custode delle sue proprietà, il fino a quel momento misconosciuto Eugenio. Come ciliegina sulla torta, inoltre, ebbe anche la geniale idea di farsi mettere incinta. Valentiniano la prese benissimo: fece giustiziare l’aspirante cognato e spedì la sorella in esilio a Costantinopoli dallo zio Teodosio II. Della sorte del bambino le fonti non danno notizie, ma conoscendo lo zio dubito abbia fatto una bella fine.

Comunque, anche la vacanza forzata a Costantinopoli si rivelò piuttosto deludente: ad Onoria non piacevano né il clima né la compagnia, costituita prevalentemente dalla zia Pulcheria, una donna di una bigotteria tale da far impallidire la Binetti. Fu così che tra gli sbuffi, i sospiri e i pomeriggi passati a ciondolare pigramente tra le sale del palazzo, ad Onoria venne un’idea. Farsi un amico di penna. E quale candidato migliore di Attila re degli Unni, il ferocissimo barbaro, il Flagello di Dio? In realtà anche questo della barbarie di Attila è un po’ un mito romantico e uno stereotipo: non è che Attila fino a quel momento vivesse confinato nelle steppe. Già da anni intratteneva rapporti con l’impero, talvolta anche cordiali, impegnandosi ad inviare truppe di sostegno nei momenti di pericolo e fornendo quella protezione che gli imperatori non disdegnavano di ricevere dai popoli di confine, in cambio di moneta sonante.

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Ad ogni modo, Onoria non si limitò a una corrispondenza amichevole e ad un cordiale scambio di adesivi del Cioè. Lei era una che andava dritta al sodo e non temeva di fare il primo passo con i ragazzi: inviò al capo barbaro un anello e gli si propose in moglie, allettandolo con la sua arguzia, il suo savoir faire, ma soprattutto con una congrua dote: mezzo impero d’Occidente. Ad Attila non sembrò manco vero ed è superfluo dire che accettò all’istante, anche perché gli occhi (e non solo quelli, ma anche le truppe) su quei territori, aveva già iniziato a metterli da un po’. Nel frattempo a Costantinopoli la marachella di Onoria saltò fuori e lo zio Teodosio II, percependo nella fanciulla una certa predisposizione a cacciarsi nei casini, rapidamente la impacchettò e la rispedì al mittente, imbarcandola sul primo traghetto per Ravenna.

Mentre Onoria dunque faceva ritorno dal fratello, Attila, senza perder tempo, scese in Italia a prendersi quel che gli spettava: la fidanzata virtuale e l’impero. È facile capire che a questo punto il vero Flagello di Dio per Valentiniano era proprio questa sorella scostumata, che prima si era fatta mettere incinta da uno a caso e poi gli aveva portato la peggior minaccia per la sicurezza dello Stato, con tutto il suo esercito di 500 mila bruti, proprio sotto la porta di casa. L’imperatore però era battagliero. Non ci pensava nemmeno a cedere alle pretese dell’Unno; non tanto per la sorella, che a quel punto probabilmente avrebbe ceduta volentieri anche a Jack lo Squartatore in persona, quanto per il peso della dote.

Ad ogni modo, in pochi mesi Attila mise a ferro e a fuoco il Nord Italia e nel 452 fu a Governolo, nel Mantovano. Qua però gli venne incontro un’ambasciata formata, tra gli altri, da Papa Leone Magno. La leggenda vuole che Attila, impressionato dalla persona del Papa, abbia immediatamente fatto dietro front, rinunciando a tutte le sue pretese. In realtà pare probabile che a convincerlo, più che un vecchietto vestito da Divino Otelma che profetizzava castighi divini da cui lui, pagano, doveva sentirsi ben poco intaccato, siano stati la scarsità di viveri e il rischio di vedere il proprio esercito decimato dalla malaria.

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Raffaello, L’incontro di Leone Magno con Attila (1513-14)

E la povera Onoria? A quanto pare rimase ancora una volta zitella, anche se le fonti non ci informano su quale sia stata più precisamente la sua sorte. Certamente però potè defilarsi con l’orgoglio di aver scatenato un bordello di proporzioni cosmiche e di aver causato qualche grana al suo paranoico e prepotente fratello.

Attila invece, morì esattamente un anno dopo i fatti, nel 453, forse per un’emorragia digestiva dopo il banchetto di matrimonio con cui aveva cercato di consolarsi del fallimento dell’avventura italiana. Secondo l’uso del suo popolo fu sepolto, con molte cerimonie, in un luogo segreto e i membri del suo corteo funebre furono tutti uccisi. Il modo migliore, secondo gli Unni, per assicurarsi un’impeccabile discrezione.

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